CALCIATORI E TIFOSI AL CENTRO DEL PROGETTO
Presidente Calcagno, l'Associazione Italiana Calciatori è già intervenuta dopo il botta e risposta Rabiot-De Siervo su Milan-Como a Perth, sostenendo la libertà di espressione dei calciatori.
“Il problema non è certo la partita in sé, dato anche che resterà un evento eccezionale. Anche se viene giocata a 28.000 km di distanza, con fusi orari e cambi di temperatura duri da affrontare. Resta il dubbio se sia questo il modello da inseguire”.
L'abbiamo già sentita: si gioca troppo.
“Il problema non è solo questo: i grandi calciatori hanno già accettato che si debba giocare di più e si debbano cercare nuovi ricavi. La preoccupazione è legata all'impatto sulle loro prestazioni: per fare un esempio, Bastoni l'anno scorso ha giocato più di 70 partite. Però molto probabilmente non ha giocato la settantesima allo stesso livello psico-fisico della cinquantesima. Credo si debbano rimettere le persone al centro del progetto, e parlo anche dei tifosi”.
In che modo i tifosi ne risentono?
“Perché facendo giocare i calciatori così tanto, offriamo uno spettacolo meno bello: così perdiamo i due pilastri ciel nostro mondo”.
L'obiezione più immediata: visti i guadagni, i calciatori non possono lamentarsi.
“Se hanno ingaggi importanti è perché sono forti e generano ricchezza. E anche stipendi alti non giustificano il superamento di certi limiti: noi siamo affiancati alla Lega Serie A in una causa intentata, come sindacato mondiale e come leghe europee, contro la. Fifa”.
Con cui i rapporti sono al minimo storico.
“Perché non c'è mai stata la volontà da parte della Fifa di sedersi davvero a un tavolo e dare dignità alla voce dei calciatori. E queste non possono essere definite solo questioni sindacali: in questi termini non andremmo da nessuna parte. Il tema è cercare soluzioni che rimettano al centro le persone per offrire il miglior spettacolo possibile”.
Tutto nasce dal Mondiale per club.
“Bisognerebbe giocarlo in una finestra più umana, per dirne una che permetta tre settimane di riposo a fine stagione. Ma la vera questione è legata alla creazione e all'ampliamento di nuove competizioni internazionali, che spostano la ricchezza lontano dai campionati nazionali. Dobbiamo anche porci il problema di come redistribuire i proventi che generano”.
Il mercato va in quella direzione. Come si fa a opporsi?
“È evidente che non si possa contrastare questo trend. Però bisogna assicurare una fetta di queste maggiori risorse anche a chi non partecipa. E poi c'è l'ultimo anello, che porta alla Nazionale: dobbiamo rivitalizzare il mercato interno verso la Serie B e la Serie C, oggi spendiamo soprattutto all'estero. È una cosa che avrebbe un impatto molto superiore all'eventuale riforma della legge Melandri”.
Difficile arrivarci imponendo l'impiego di calciatori italiani.
“Sarebbero leggi illegittime. Però dobbiamo chiederci perché in Spagna riescano ad avere grandi club competitivi che valorizzano la filiera interna. È un percorso virtuoso, di cui beneficia anche la Nazionale: quella italiana attinge a un numero troppo limitato di calciatori selezionabili in massima serie”.
Costa troppo formare un italiano?
“È una risposta che deve darci anzitutto la Serie A. Ci deve far capire perché non è più conveniente, tecnicamente ed economicamente, investire in Italia”.
Forse il decreto crescita era l'obiettivo sbagliato: anche dopo l'abolizione il trend non si è invertito.
“È stata una battaglia persa. Molto probabilmente la mancanza di confronto dell'epoca ci ha fatto concentrare su problemi che non erano così centrali. Oggi abbiamo proposto al Ministro Abodi uno sgravio fiscale per chi impiega giovani del proprio vivaio”.
A livello federale cosa state facendo?
“A marzo 2024 abbiamo deliberato il Piano Strategico del Presidente Gravina, facendo tutti un passo indietro, partendo da un presupposto: non dobbiamo solo inseguire i ricavi, ma anche razionalizzare i costi. Abbiamo un debito spaventoso, e in Italia maggiori ricavi hanno sempre comportato più indebitamento”.
A chi attribuisce un po'di immobilismo?
“Non vedo immobilismo. Sono state fatte cose importanti, dal prossimo anno in Serie B e C avremo l'indice di liquidità come criterio di ammissione al campionato. In C non si sono potuti fare in estate per questioni tecniche, ma dal prossimo anno ci saranno. E vogliamo continuare in questo percorso, vedo grande condivisione”.
La riduzione della Serie A a 18 squadre può essere un'idea?
“Non può essere un ragionamento estrapolato dal contesto internazionale. L’Italia non può farla senza che la facciano anche Spagna e Inghilterra”.
Oggi sarà sugli spalti a Udine per sostenere la Nazionale.
“Gli spareggi sono alla nostra portata, anche se i precedenti ci insegnano a non darli per scontati: c'è grande fiducia”.